*il teatro è sotto inchiesta!

*il teatro è sotto inchiesta!

Nel 2020 uno dei progetti speciali del MET (Teatro Metastasio di Prato) fu quello di dar vita a La Falena, preziosa rivista di critica teatrale. 

La Falena si avvale ancor oggi della direzione di Alessandro Toppi e la codirezione di Lorenzo Donati, Maddalena Giovannelli e Rodolfo Sacchettini, critici da sempre attenti ad osservare con cura e competenza il panorama teatrale italiano, prova ne sia che hanno “aperto un’inchiesta”. L’hanno intitolata Per farla finita con il teatro (evocando nientemeno che Antonin Artaud e il suo rapporto problematico con la censura). Hanno quindi invitato 100 teatranti a rispondere ad un questione delicata che hanno esposto in questo modo:

[…] Per farla finita col teatro è un’inchiesta ad ampio raggio che vuole coinvolgere artiste e artisti, compagnie, gruppi, operatori teatrali e critici, con l’intento di far emergere tutto quello che oggi ci sembra non più tollerabile, meschino e inutile. Parlando di teatro fra amici e colleghi, qualcuno prima o poi si lascerà scappare che “così non si può andare avanti”. Eppure eccoci sempre qui, a rimboccarci le maniche delle nostre inesauribili persuasioni. Dunque vi chiediamo: se volessimo farla finita col teatro, con certe idee e consuetudini che ci hanno portato fin qui, da dove inizieremmo?  Non si tratta però di raccogliere un cahier de doléance ma di un vero e proprio grido d’allarme di fronte a una situazione che ci sembra insostenibile e ci fa perdere di vista il senso stesso del teatro oggi: che senso ha continuare col teatro?  Dopo due tremendi anni di pandemia perché il teatro? Quando gran parte delle nostre vite, dal lavoro alla socialità, si svolgono nel mondo virtuale, perché il teatro? Di fronte alle tragedie delle guerre sempre gravi e sempre più vicine perché il teatro? Quando i media ci ricordano quotidianamente che il punto di non ritorno è stato superato e ci avviciniamo inesorabilmente alla fine del mondo perché il teatro? Quando il partito più grande del nostro paese è composto da cittadini che hanno deciso di non andare più a votare, perché il teatro? Quando le istituzioni non di rado ripetono che in questo momento “ci sono cose ben più gravi a cui pensare” perché il teatro? Di fronte a una popolazione sempre più stanca e distratta perché il teatro? Se è così difficile coinvolgere nuovo pubblico, perché il teatro? Insomma perché il teatro oggi?

Per una questione immensa chiediamo una risposta breve, anzi brevissima: solo 2.000 battute. Come farla finita col teatro e perché, in fin dei conti, forse non farlo del tutto? Cerchiamo la sintesi folgorante del Manifesto oppure – meglio! – la compattezza lucente del piccolo tassello che va a comporre un mosaico più ampio, condividendo storie e pensieri precisi, non generici.

Tra color che son (o) stati contattati ci sono anche io. Per questa ragione credo di essere stata tra i primi lettori di questo nuovo numero de La Falena acquistabile QUI  a 5 euro in cartaceo e 2 euro online.

Quel che emerge è una sorta di mosaico non proprio bizantino, in cui molti frammenti preferiscono scrivere del senso che ha fare teatro, anziché proporre una via per iniziare a farla finita con “certe idee e consuetudini che ci hanno portato fino a qui”. Anyway, il mosaico è questo. L’immagine è in qualche modo chiara, piaccia o no. Spero che La Falena continui a interrogarsi e a farci interrogare su questioni pratiche, per allenarci a sciogliere i nodi della relazione complicata con la realtà visibile. Inoltre è per me importante ricordare che 100 teatranti sono tanti, ma non sono tutti. Spero che l’inchiesta continui, con nomi e pensieri non ancora letti. 

Desidero segnalare a colui e colei che leggerà La Falena, chi tra i 100 interpellati mi ha colpito in positivo (1*). Last but not least, desidero mettere a disposizione in questa sede virtuale il mio brevissimo intervento (2*). 

1*

2*

«Tournée. Girare. Per farla finita col teatro dovremmo ricominciare a girare. Ma come? Non eravamo noi quelli che giravano e giravano dai tempi di Arlecchino? E allora perché abbiamo smesso di farlo?  E poi abbiamo veramente smesso di farlo? Tutti? Cosa impedisce, almeno ad alcuni, di girare? 

Girare significa darsi in pasto ad un pubblico diverso da quello d’abitudine. Ricevere reazioni di persone che vivono in una luogo distante da quello in cui lo spettacolo e stato ideato, provato, prodotto. Uno spettacolo può avere successo in modi completamente diversi a seconda dei luoghi in cui viene presentato, e per questa ragione, alimentare pensiero, non solo in chi lo riceve ma anche in chi lo compie. L’attore diventa più capace andando in tournée, relazionandosi con teatri e pubblico di volta in volta differenti. Certamente è necessario ritrovarsi in una casa teatrale ma a patto di mettere poi in relazione la propria ricerca, girando. Se venisse alimentata la possibilità di portare in scena uno spettacolo per più stagioni, riusciremmo a ridurre la smania produttiva imposta a questo nostro bistrattato sistema teatrale? È una delle conseguenze possibili.

Per chi come me, prova ancora oggi, nonostante tutto, a dar vita a spettacoli indipendenti; per chi a differenza di me, si trova a farlo a 20 e 30 anni, la cosa divenuta ormai fondamentale è superare il limite del debutto a data secca, della 5 repliche in 5 piazze diverse e poi via ad alimentare non-sense. 

Rivoluzionare il teatro, significa fargli fare ciò che la parola rivoluzione impone: girare.»

*Ir