Raramente riusciamo a sorprenderci. Questa è una di quelle volte. Siamo tutti in bilico, ad ogni latitudine, geografica, morale, sessuale. Un’opera artistica è tale quando porge un messaggio universale, meglio se con un linguaggio odierno, percepito da tutti nel profondo…
Una donna parla di sé e con sé, anche se spesso si rivolge al suo amore ed alle sue passioni, alimentari e sessuali, che queste siano lesbiche è soltanto un inciso. Subito ci accorgiamo che parla a noi e di noi; dei nostri costanti traslochi, ma soprattutto dei mancati traslochi del cuore, per paura, per scelta, per necessità, o per un semplice disguido…
Splendido lavoro di Teatro nuovo quello di Irene Serini, che inventa un testo fresco e gustoso, come la caponata del gran finale, o come gli spaghetti serviti sul corpo della amata. Perfetta Carmen Panarello, che regge la scena con grinta ed entusiasmo dosando la sua poderosa corporeità e declinando la sua femminilità in tutti i parametri conosciuti. Brava e bella, anche nei garbati e mimetizzati passi di danza, che rimandano lievemente a “Underwood” della sua maestra Carolyn Carson. Abile, forte e lieve la mano dell’ormai “famigerato” (regista e Direttore Artistico) Nicola Alberto Orofino che, già riconosciuto come innovatore del teatro classico (da Checov a Martoglio), si esprime in questa opera veramente nuova, dimostrando una perfetta simbiosi, con autrice ed interprete…
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